Mercoledì 8 ottobre 2025

Vent’anni di restauro per la pieve di Manerbio

Vent'anni di restauro per la pieve di Manerbio (6)

Abbiamo già parlato dei “Pomeriggi d’arte” tenuti al MaPo, il centro ricreativo di Manerbio. Essi sono stati anche un’occasione per ricordare il grande restauro della chiesa parrocchiale, iniziato nel 1985. Le osservazioni fatte durante i lavori permisero di formulare ipotesi sulla storia dell’edificio precedente. Le tracce delle vecchie fondazioni sono scarse e mostrano un orientamento diverso rispetto a quello della pianta della costruzione attuale. Dietro l’altare, è stato ritrovato un muro medievale in laterizio, esterno alla vecchia pieve: forse, resto di una casa privata nel perimetro del perduto castello di Manerbio.

Dietro la pala settecentesca di Giambattista Pittoni rappresentante la Deposizione, sono rimaste tracce della decorazione a fresco (anche questa settecentesca) di Giambattista Zaist. Ha caratteri barocchi: dorature, modiglioni, spighe e volute. È probabile che fosse originariamente estesa su tutta la parete del transetto sinistro. Fu coperta dalle decorazioni fineottocentesche di Giuseppe Cominelli, che ha lasciato anche la propria firma tra le finte venature del finto marmo in una parasta della parete sud. Quando la pala del Pittoni fu asportata per essere restaurata, nel muro decorato furono trovate incise due date. Una era “1776”. L’altra era “1861”: un riferimento all’unificazione dell’Italia?

Nel summenzionato 1985, il presbiterio fu riprogettato per adattarlo alle indicazioni liturgiche del Concilio Vaticano II. Fu aggiunto un nuovo altare, decorato dalle sculture bronzee di Federico Severino. A dettare le indicazioni per la loro realizzazione fu don Angelo Zanetti. A lui si deve la presenza della Madonna fra gli Apostoli nelle suddette sculture, per motivi pastorali.

Parlando di restauri della pieve manerbiese, altri due momenti decisivi vanno ricordati: l’incendio che colpì la chiesa nel 1989 e il terremoto del 2004 con epicentro nel lago di Garda. Essi, ovviamente, resero necessari ulteriori ripuliture, rifacimenti, analisi e consolidamenti. Pensiamo per esempio alla perdita dell’organo, danneggiato dall’incendio e restaurato nel 2017. Nel 1989, si rese necessario anche il restauro della celebre pala del Moretto sull’altar maggiore. Di essa, si occupò lo studio Giangualano. Anche nella sagrestia dovettero essere ripuliti l’affresco di Carlo Innocenzo Carloni sul soffitto e le decorazioni di Cominelli. La già citata “Deposizione” del Pittoni fu affidata allo studio Seccamani, che ne corresse le diffuse scrostature con tecnica reversibile. Oggi, il magnifico risultato è sotto gli occhi di tutti.

Un edificio secolare e colmo di opere d’arte qual è la pieve di Manerbio è un organismo complesso, per certi versi “vivente”: muta col tempo, viene arricchito, si degrada e (allo stesso modo) torna a nuova vita.

Ringrazio vivamente l’arch. Alessandro Rossi per le sue ricerche sul restauro.

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